Dai primi anni ‘50 con il test di Turing, agli anni ‘80 la prima applicazione in ambito commerciale, fino ad oggi, l’Intelligenza Artificiale rappresenta uno dei principali temi di interesse della società non solo scientifica e informatica, ma anche di tutti noi. Ci interessa perché ci ha affascinato all’inizio, ci ha aiutato, ci ha velocizzato, ma ci ha anche impaurito. È quello che succede a Jennifer Lopez in Atlas, film targato Netflix uscito a maggio 2024, dove la star internazionale interpreta Atlas Shepard, analista coinvolta in una missione che prenderà una piega pericolosissima.
In Atlas viene raccontata da vicino l’inquietudine di una donna nei confronti di una novità che non conosce a tal punto da potervisi fidare. Eppure, a volte, bisogna abbandonare i pregiudizi per scommettere sulla salvezza – la propria e, nel caso della storia diretta da Brad Peyton, del resto dell’umanità. Shepard non ha scelta: dopo un attacco che mette a rischio la missione in cui è coinvolta, l’analista è costretta a dare una chance a Smith, un’intelligenza artificiale che la aiuta a comprendere quanto la robotica sia spaventosamente vicina a un modo di ragionare e agire del tutto umano. Basta una frase, un “Okay, facciamolo” della protagonista, per stringere una collaborazione, che sembra quasi necessaria nello scenario creato da Peyton, tra l’essere umano e qualcosa che ha più a che fare con lui di quanto crediamo.
L’AI ha preso piede in qualunque settore professionale a cui possiamo pensare, ponendoci in condizione di domandarci: “Esisterà ancora questo lavoro tra dieci anni?”. Proprio il 2023 ha segnato un anno di svolta e demarcazione, con l’introduzione nelle nostre vite dell’AI generativa: ChatGPT.
Sembra essere passato pochissimo tempo da quando, agli esordi di questa nuova tecnologia, ci meravigliavamo di fronte alle potenzialità di questo strumento al quale, all’inizio, chiedevamo le domande più banali, ma dopo pochissimo tempo è diventato parte della nostra vita quotidiana, lavorativa, accademica, ludica, creativa e molto altro ancora. Pensiamo alle traduzioni istantanee permesse grazie all’AI inserita dalle aziende telefoniche all’interno del telefono o al programma Adobe Podcast che sfrutta l’AI per migliorare la qualità dell’audio, elemento che altrimenti sarebbe dovuto essere delegato a un tecnico del suono.
Tuttavia, è da un po’ che si percepisce una sorta di retromarcia anche a livello mediatico su quelli che sono i progressi dell’AI. L’hype iniziale sta lentamente calando, le piccole aziende sembrano essere in crisi e i grandi investitori assumono una maggior cautela. Ma perché?
L’aumento di un sospetto da parte dei grandi investitori pone il dubbio se siamo di fronte alle simili bolle delle dot-com. Ma c’è qualcos’altro che ha fatto scemare il clamore dei primi tempi per l’intelligenza artificiale?
Sicuramente il dispendio energetico consumato da queste innovazioni non è da ignorare, anzi. Come emerge da uno studio di Alex de Vries, per generare una risposta con AI, Google consuma circa tre wattora, un’energia dieci volte superiore a quella richiesta per una normale ricerca sul motore di ricerca. In effetti, l’ingente consumo di elettricità dell’intelligenza artificiale sta determinando un aumento dell’uso di combustibili fossili. Questo chiaramente ci pone qualche interrogativo in virtù dell’attuale condizione ambientale in cui stiamo vivendo.
Il settore delle AI oggi assorbe un quinto dell’energia consumata dallo stato di Virginia, sede dei principali centri di elaborazione dei dati. La costante e ingente richiesta di energia da parte dei data center rallenta inevitabilmente la transizione verso l’energia verde. Come se non bastasse, le intelligenze artificiali assorbono notevoli quantità di acqua per raffreddare i server.
Ciononostante, l’intelligenza artificiale può avere un impatto determinante nell’ambito della sostenibilità: attraverso l’analisi dei dati, l’AI può ottimizzare l’uso delle risorse naturali, ridurre le emissioni di CO2 e promuovere economia circolare. Ma è fondamentale prima di tutto focalizzare l’attenzione verso questioni etiche quali i bias algoritmici e consumi energetici.
La tendenza delle AI ha solide basi per durare a lungo nel tempo e trasformare molte attività sia online che offline. Non c’è esuberanza irrazionale, né tanto meno ci sono i presupposti per immaginare uno scotto di una bolla, ma essendo una tecnologia ancora nuova, c’è bisogno di studio, di olio nel motore per far funzionare la macchina dell’AI al meglio delle sue potenzialità. E c’è bisogno del cinema, per vedere le cose da un’altra prospettiva.
Sara Gavinelli
