L’avvento del digitale nella scuola. Pro e contro 

La scuola è diventata, ormai, quasi del tutto digitale. Il processo di digitalizzazione, iniziato già prima della pandemia e rafforzatosi nel corso del biennio 2020-2021, ha cambiato l’approccio degli studenti allo studio e ha costretto le scuole a formare ulteriormente le proprie risorse. I docenti si sono trovati, quindi, a dover sviluppare delle competenze ora indispensabili per poter comunicare con le nuove generazioni e per poter svolgere il loro lavoro. Niente più registro elettronico, pochi libri cartacei, sì alle comunicazioni rapide via WhatsApp e Telegram e all’utilizzo di strumenti come smartphone, tablet, computer e, soprattutto, LIM e smart tv nel corso delle lezioni. Un cambiamento graduale, che ha impattato sul metodo di studio e di insegnamento, segnando una svolta significativa per il sistema dell’istruzione. 

Come si legge in un articolo del 2010 pubblicato sul Giornale Italiano della Ricerca Innovativa, “in vari documenti e comunicazioni, gli organismi internazionali hanno sottolineato la rilevanza della competenza digitale per il lifelong learning e per la piena partecipazione alla cosiddetta ‘società dell’informazione’”.

La scuola, di conseguenza, non ha più come fine unico la semplice trasmissione delle conoscenze. Rifacendosi il “look”, gli istituti contribuiscono a restituire al mondo universitario o a quello del lavoro giovani che possiedono competenze fondamentali e che sono in grado di sfruttare la tecnologia per incrementare la produttività e per realizzare progetti innovativi, pionieri dei trend del futuro. 

Eppure, non è tutto oro ciò che luccica. Gli insegnanti non sono quasi mai nativi digitali, anzi. A volte sono persino analfabeti per quanto riguarda le nuove tecnologie e fanno fatica ad essere parte di un sistema scolastico che non tiene conto delle divergenze generazionali. Se manca, in primo luogo, la dimestichezza nell’approccio agli strumenti che la scuola oggi richiede, la formazione non può bastare a colmare dei gap quasi impossibili da colmare. 

Un altro rischio è il cosiddetto digital divide, problematica emersa nello specifico nel periodo pandemico. I dati UNESCO del 2023 evidenziano un quadro preoccupante: 826 milioni di studenti in tutto il mondo non hanno un accesso di base al computer di casa, mentre 706 milioni non hanno nemmeno accesso a Internet tra le mura domestiche. Per questo motivo, di fronte all’aumento delle disparità, l’organizzazione internazionale ha bocciato la didattica a distanza, sottolineando in un rapporto le numerose conseguenze negative del passaggio all’ed-tech, tra cui anche la limitazione delle opportunità di socializzazione e la tendenza ad un apprendimento più monotono e meno stimolante.

Il ministro Piantedosi ha dichiarato, a febbraio, di voler limitare ulteriormente la possibilità per gli alunni di usare cellulari e tablet nelle aule scolastiche, per ridurre il rischio di distrazioni e il peggioramento del rendimento scolastico. Tuttavia, una scuola senza tecnologia nel 2024 non può esistere: è il solo modo per far in modo che la scuola non si configuri come universo del tutto distaccato dalla realtà del 2024, ma la accolga dentro di sé rubandole gli strumenti che le sono necessari.

Chiara Trio