I PRIMI PASSI NEL MONDO DEL LAVORO: CONQUISTARE L’AUTONOMIA. Intervista ad Alberto P. Franco di PHYD

Alberto P. Franco lavora in PHYD, un’ex startup, ormai consolidata, brand del gruppo Adecco. Il nome deriva da “phygital”, perché ha una doppia anima, fisica e digital. Con un focus sulle nuove generazioni, in quest’intervista discutiamo con Alberto dell’importanza della cultura dell’errore e di come conquistare l’autonomia sul posto di lavoro.

PHYD parla soprattutto ai Millenials e alla Generazione Zeta. Come vi approcciate a questo target?

Scegliamo di avvicinarci ai giovani in modo paritario, con una comunicazione autentica, fresca, parlando di contenuti importanti con un “tone of voice” leggero. Tentiamo di decostruire le narrazioni, gli stereotipi, parlando in modo realistico della realtà, del lavoro, dei trend, con i vari pro e contro, e provando a mutuare l’oggettività dal mondo dell’informazione.

Bisogna percepire quali sono i bisogni del target e cercare di portare un contenuto utile, rendendo i ragazzi protagonisti. Quindi, se c’è un evento su una certa tematica, cerchiamo di selezionare uno speaker della Gen-Z.

Credi che le nuove generazioni facciano più difficoltà a raggiungere una certa autonomia sul posto di lavoro rispetto ai loro genitori?

Per le circostanze e gli strumenti a disposizione, sicuramente viene esaltata, molto più che in passato, la capacità di mettere su dei piccoli business, attraverso strumenti che sono mancati alla generazione precedente, come Etsy o Tik Tok. Forse i genitori, se avessero avuto questi stessi strumenti, avrebbero percorso un cammino simile. Non si possono fare paragoni, perché le circostanze cambiano.

Il discorso dell’autonomia in ambito lavorativo dipende anche dal fatto che probabilmente c’è ancora una convivenza fra le generazioni non del tutto efficace: non c’è autonomia perché non c’è fiducia. Bisogna trovare un terreno comune per dialogare e i giovani devono sapere di avere la possibilità di sbagliare: la cultura dell’errore è molto importante.

Credi, quindi, che il modo per aiutare un giovane a essere indipendente nel suo lavoro sia permettergli di sbagliare?

Penso che la possibilità di sbagliare vada accettata sempre e comunque, a tutti i livelli, perché siamo umani e in quanto tali fallaci per natura. A maggior ragione a vent’anni si ha il privilegio di poter sbagliare di più, perché si è inesperti. Una persona che non sbaglia mai, nel mondo anglosassone, è quasi più allarmante rispetto a una persona abituata a fallire e che è in grado di reagire alla caduta. Se non sei autonomo e non inizi a sbagliare, non puoi imparare, perché stai seguendo una strada che ti sta indicando qualcun altro.

Secondo te essere autonomi significa solo essere intraprendenti?

Essere autonomi è sapere bene quello che si sta facendo e perché lo si sta facendo, è avere passione, essere intraprendenti nel senso di non avere paura e di lanciarsi se si sa di potercela fare, avere fiducia in se stessi, senza strafare.

Ritieni che lo smart working possa essere una spinta al raggiungimento dell’autonomia nell’approccio al lavoro?

Salvo quelle professioni dove non si può fare, conviene introdurre lo smart working, per promuovere il lavoro per obiettivi, flessibile, senza orari. C’è molta voglia di autodeterminarsi e di autodeterminare come si impiega il proprio tempo. Prima le aziende lo capiscono e prima saranno competitive sul mercato, anche in ottica di attrarre i talenti e le nuove risorse. Ci sarà un cambiamento nella forza lavoro e bisogna andare un po’ incontro alle esigenze di chi arriverà.

Cos’è l’indice di occupabilità e perché è così importante nel contesto lavorativo attuale che gli universitari si preparano ad affrontare?

L’indice di occupabilità viene restituito dalla nostra piattaforma. Ci si iscrive, si inserisce una professione e, dopo alcuni “assessment” (valutazioni), l’algoritmo calcola l’indice, che suggerisce in quale percentuale si è occupabili. Vengono, poi, suggeriti corsi, risorse, articoli del nostro magazine, eventi, per colmare il gap. È uno strumento utile che dà la consapevolezza delle proprie competenze.

 Chiara Trio

Tags: lavoro, soft skills, autonomia, smart working, errore, consapevolezza, occupabilità