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CINEMA ITALIANO E MARKETING: QUANDO L’ESTETICA DIVENTA POSIZIONAMENTO

Il cinema italiano ha costruito la propria identità non sull’azione, ma sulla sospensione. Non sull’urgenza, ma sull’attesa. Questa grammatica narrativa, per anni considerata poco compatibile con il marketing, oggi è una delle fonti più potenti di ispirazione per la comunicazione di marca, soprattutto nei settori fashion, luxury e lifestyle.

Il cinema italiano insegna che non tutto va spiegato.
Alcune cose vanno fatte sentire.

Questo principio è sempre più centrale in un contesto in cui l’attenzione è scarsa e l’eccesso di messaggi genera rigetto. I brand che cercano di dire tutto vengono dimenticati. Quelli che suggeriscono qualcosa restano.

Le collaborazioni tra Gucci e Paolo Sorrentino, Prada e Luca Guadagnino, Valentino e Pierpaolo Piccioli non hanno una struttura pubblicitaria classica. Non presentano un prodotto, non spiegano un benefit, non spingono all’acquisto diretto. Costruiscono un’atmosfera, un mondo, un tempo narrativo.

Nel corto The New Renaissance di Gucci, Sorrentino non racconta una collezione. Racconta un sentimento. Gucci diventa uno spazio emotivo prima ancora che un brand di moda. Questo approccio richiama ciò che Henry Jenkins definisce storyworld: un universo coerente all’interno del quale il pubblico può immergersi.

Anche Prada utilizza il cinema come linguaggio, non come canale. I film diretti da Guadagnino per il brand non hanno una funzione promozionale immediata, ma contribuiscono a costruire una memoria simbolica. È un investimento a lungo termine, non una call to action.

Il cinema italiano influenza il marketing anche nella gestione del ritmo. Lentezza, silenzio, inquadrature apparentemente inutili diventano strumenti di differenziazione. In un feed dominato da velocità e urgenza, la lentezza diventa un lusso.

Questo tipo di comunicazione non punta alla performance immediata, ma al capitale simbolico. E nel luxury, il capitale simbolico vale più della conversione nel breve periodo.

Il cinema italiano insegna al marketing una lezione fondamentale:
ciò che emoziona resta, ciò che spiega passa.

Attilio Basile