CINEMA, AI E OSCAR: RIVOLUZIONE A HOLLYWOOD, TRA OPPORTUNITA’ E CRISI D’IDENTITA’

Anche i film realizzati con l’Intelligenza Artificiale potranno vincere l’Oscar”. E’ questa la frase di apertura di alcuni servizi televisivi italiani mandati in onda il 15 Aprile: l’Academy of Motion Pictures Arts and Sciences ha deciso che i film realizzati con l’ausilio dell’Intelligenza Artificiale potranno concorrere agli Oscar

Sembra quasi una notizia fantascientifica ma è la realtà, e segna una svolta storica non solo per i criteri attraverso cui vengono attribuiti gli Oscar ai film, ma anche per la definizione classica di cinema, e ciò conduce ad un quesito fondamentale: Chi è l’autore di un film creato, anche solo in parte, da una macchina

Negli ultimi anni l’Intelligenza Artificiale si è inserita in ogni fase di produzione audiovisiva:  dalla scrittura alla sceneggiatura, dal montaggio automatico fino alle voci sintetiche. Ed è proprio su quest’ultimo aspetto che alcuni attori hanno visto le loro pronunce o addirittura voci subire delle “migliorie” per perfezionare le performance degli stessi in una lingua diversa da quella parlata abitualmente. 

Uno degli esempi calzanti citati nel servizio è il film The Brutalist (2024) in cui gli attori Adrien Brody e Felicity Jones, madrelingua ungheresi, grazie ad una tecnologia AI (respeecher) hanno visto le loro voci digitalmente modificate per renderle perfettamente fluenti. Brody, che ha ricevuto un Golden Globe per questa interpretazione, non ha mai veramente pronunciato molte delle battute nella versione finale del film.

L’Intelligenza Artificiale permette di creare realismo visivo e sonoro perfetto, ma artificiale. Le sue correzioni sono invisibili, ma modificano profondamente l’essenza dell’opera. Lo spettatore ascolta un attore che sembra parlare correttamente la lingua, ma in realtà quella voce non è nemmeno frutto di un doppiaggio, ma è proprio un artefatto digitale. In questo modo si scardina la funzione testimoniale del cinema e si entra in una zona grigia tra realtà e finzione (che già di per sé si verifica nel cinema), dove tutto può essere modificato.  

Con l’inserimento non indifferente dell’Intelligenza Artificiale nei processi creativi la figura dell’attore entra in crisi: se una sceneggiatura è scritta da un’Intelligenza Artificiale e poi modificata da un algoritmo di montaggio, chi è l’autore effettivo del film?  Tradizionalmente il regista si occupa di gestire il tutto, è colui che ha il compito di organizzare e armonizzare ogni aspetto, ma in un cinema algoritmico, se così si può definire, il regista è una figura secondaria (se non inutile sotto alcuni punti di vista) perché non è più il creatore effettivo di visione, ma un tecnico dell’efficienza narrativa. 

Nel biennio 2023-2024 l’industria cinematografica americana ha subito forti proteste: attori, sceneggiatori, sindacati si sono mobilitati contro l’utilizzo non consensuale di immagini e voci generate digitalmente, l’uso dell’AI nella scrittura dei copioni e la possibilità di replicare performance umane anche post mortem

L’Academy, nonostante le proteste, ha stabilito che i film realizzati con l’AI sono eleggibili per l’Oscar, ma con il vincolo che includano un apporto creativo umano significativo. Non è chiaro però in che cosa e misura questo debba consistere. Oggi assistiamo dunque ad una trasformazione radicale dell’industria cinematografica. Il rischio non è che l’AI subentri nel cinema, ma che essa lo sostituisca totalmente.

Michela Lizio