LO SGUARDO DI LARRAÍN IN MARIA: BIOPIC O RITRATTO MALINCONICO?

Il regista cileno Pablo Larraín porta in scena, all’Ottantunesima edizione del Festival del Cinema di Venezia, un ritratto dedicato ad un’altra donna, dopo Jackie e Spencer: è il turno di Maria Callas, una delle cantanti d’opera più note nella storia della musica, di cui si racconta in Maria

Interpretata dall’insostituibile e unica Angelina Jolie, Maria è la terza donna, la cui vita è, in qualche modo, segnata da eventi tragici, ad essere oggetto di analisi del regista. Larraín esordisce, infatti, con Jackie nel 2016, pellicola dedicata alla figura di Jacqueline Onassis, e, nel 2021, dirige Spencer, biopic dedicato alla principessa Diana. La scelta di queste donne ha un preciso significato e conserva in sé un fil rouge che attraversa tutti e tre i lavori del regista: l’intrecciarsi della fama con l’amore e la sofferenza. 

Con questo terzo film il regista offre una rappresentazione intima e profonda della donna che durante la sua esistenza ha affrontato sfide importanti durante periodi turbolenti. Il film si ambienta nella Parigi degli anni Settanta e si concentra sull’ultima settimana di vita di Maria Callas, dove il dolore e la nostalgia rivestono un ruolo di primo piano.

Nonostante la bravura impeccabile e sbalorditiva della performance della Jolie, l’impressione che si ha è che non ci sia particolare differenza rispetto alle tematiche già affrontate nelle precedenti pellicole. Ci si domanda, quindi, se l’occhio di questo Larraín non possa andare oltre un’affettuosa lettera d’amore. Maria, infatti, invece di essere il racconto quasi cronachistico di una vita, lascia particolare spazio alla narrazione delle emozioni, della fama, e di una più universale condizione umana.

I tre film portano con sé una sfida non indifferente: dover interpretare specificamente ogni protagonista nella sua umanità. Se con i lavori precedenti si trattava di affrontare personalità legate alla politica, con Maria si ha a che fare con una figura dello spettacolo capace di influenzare tutti gli ambiti della creatività artistica. Larraín ha sviluppato una sorta di cifra stilistica personale, rovesciando le norme del biopic: cerca di scoprire la verità emotiva di fondo, anziché limitarsi a ricostruire diligentemente una serie di eventi. Possiamo, dunque, riconoscere in queste opere l’ardore che Larraín prova per queste protagoniste, donne spesso incomprese, figure maltrattate e nobilitate dalle forze del denaro e della storia. 

Sara Gavinelli