IL CASO KLOUT SCORE: I SOCIAL MEDIA TRA POPOLARITA’ E REPUTAZIONE

Quanto sei famoso? Rispondere a tale domanda era possibile grazie a Klout, che assegnava uno score a ciascun utente circa il proprio livello di popolarità sui social media. Questo, almeno, sino al 25 maggio 2019, quando Klout chiuse i battenti.

La logica dei social media, come delineato da J. Van Dijck e T. Poell nell’articolo Understanding social media logic, è costituita da un insieme di norme, strategie ed economie, che reggono le dinamiche dei social media e permeano l’organizzazione dello spazio sociale. Tra gli elementi fondamentali di questa logica, la Popularity è senza dubbio quella che meglio evidenzia quel meccanismo per il quale gli algoritmi da un lato “spingono verso l’alto” contenuti e utenti fino a farli diventare “likeable. Dall’altro gli users stessi sono attori attivi, che intervengono e modificano il flusso delle informazioni attraverso le loro interazioni. La popularity con il servizio Klout era visibile con Il punteggio da influencer calcolato su una scala da zero a cento, valutando la qualità delle relazioni con altri utenti, il numero di follower e la frequenza di condivisione dei contenuti.

Le piattaforme social hanno interesse a mostrarsi popolari per attirare utenti e al contempo mettono in evidenza la popolarità degli stessi attraverso metriche e parametri per incrementare il proprio valore. La popolarità si riscontra nella Trending Topics di X, nel news feed di Facebook o nella home di Instagram, dove contenuti e account popolari appaiono in pole position, sulla base del punteggio che gli algoritmi hanno assegnato loro nel momento della selezione. La sfera di influenza di ognuno, con il servizio Klout era ricavabile attraverso la raccolta dei dati utente da più social media come Linkedin, Twitter, Facebook, Google+, Instagram, Pinterest, ecc. Il GDPR europeo, in questo periodo aveva introdotto novità in termini di protezione dei dati personali e di privacy e proprio in coincidenza con l’entrata in vigore della nuova legge, l’azienda Lithium, che aveva acquistato nel 2014 Klout, decise di cambiare direzione verso altri settori di interesse (AI) e cessare il servizio.

L’audience non sembrò particolarmente dispiaciuta, poiché il servizio appariva controverso, suscitando persino una sorta di competizione tra coloro che cercavano di ottenere il punteggio più elevato. Tuttavia, lo score assegnato non corrispondeva esattamente a quanto Klout voleva suggerire. Ad esempio, se una persona smetteva di interagire o di condividere contenuti, il suo punteggio diminuiva improvvisamente. Inoltre, in alcuni casi, individui comuni risultavano più influenti di personaggi famosi. Il punteggio assegnato era un meccanismo poco trasparente nell’elaborazione dei dati.

Le stesse aziende, che utilizzavano Klout, avevano deciso di rivolgersi a sistemi diversi di web marketing per presentarsi come influenti e Klout avrebbe quindi comunque perso importanza nel tempo. Dal punto di vista sociologico la classifica da “zero a cento” definiva, quindi, la posizione nel sociale di ognuno, poiché veniva alterata la percezione che le persone avevano di sé. 

Un’opportunità alla portata di tutti per sperimentare la sensazione di fama, sfidando persino la notorietà di personaggi famosi, basandosi su un punteggio però poco autorevole, accettato con ingenua legittimità. Un gioco per sentirsi protagonisti di una narrazione fittizia, dove l’apparenza diventa realtà virtuale e l’illusione di grandezza si fonde con la magia di un punteggio distorto. 

Vanessa Lupi