Nel crocevia tra cognizione umana e output digitali, si parla di futuro telepatico. Elon Musk pensa ad un chip impiantato nel cervello. Saremo direttamente connessi ai nostri dispositivi o sta nascendo una nuova forma di comunicazione?
Il cervello umano è sicuramente la più affascinante e misteriosa “macchina” presente in natura, un autentico prodigio dell’evoluzione, in grado com’è di apprendere, di ragionare, di comunicare e persino di provare emozioni. Un tale organo capace di concepire complesse macchine, tuttavia, è limitato nella capacità di eseguire autonomamente tutte le funzioni computazionali e informatiche. Consapevole di queste limitazioni, l’uomo è costretto a cercare il supporto di dispositivi da lui stesso creati, che agiscono come “protesi” dotate di funzioni che in passato sarebbero sembrate impensabili. Le macchine sono dunque in grado di superare con successo i limiti umani, grazie alla velocità con cui esse apprendono e processano le informazioni. Ecco che nasce il divario tra ciò che è natura organica e ciò che è artificiale.
La comunicazione rimane invece retaggio per eccellenza dell’essere umano, che comprende il mondo in modo intuitivo: l’uomo eccelle nel percepire le sfumature della comunicazione, il contesto in cui essa si svolge e sa adattarsi a nuove situazioni. Nasce un confronto tra capacità di comprensione profonda e flessibile della realtà e la logica sequenziale degli algoritmi, dove l’intelletto umano mantiene la propria unicità e complessità, nonostante la straordinaria potenza delle macchine intelligenti. La tecnologia diventa il mezzo che permette alla comunicazione di diffondersi e l’intelligenza artificiale ne supporta la creazione di contenuti.
Neuralink, la start-up su cui E. Musk ha scelto di investire, si propone di superare i limiti dell’impossibile. Nata con l’obiettivo iniziale di affrontare sfide mediche e scientifiche, l’invenzione prevede l’impianto di un chip nel cervello di volontari affetti da gravi patologie, come la SLA, al fine di ripristinare l’uso degli arti. Il chip di Neuralink offre la prospettiva di curare anche disturbi psicofisici come insonnia, depressione, dipendenze e problemi di vista. Tuttavia, la portata di questa innovazione va ben oltre la cura delle malattie fisiche: potrebbe anche ridefinire il rapporto tra l’uomo e la macchina. In questo scenario, la tecnologia non è solo contenuta nelle tasche, ma è impiantata direttamente nella mente umana, dando vita a una sorta di cyborg. Maggiore potere umano e meno limiti? Chiunque sia dotato di questo microchip potrebbe avere il potere di controllare dispositivi come telefono e computer con il solo pensiero. Tale tecnologia è già stata testata con successo su animali, come dimostrato nel celebre video di una scimmia che, grazie al chip, gioca a un videogioco utilizzando il pensiero.
In termini di comunicazione, l’umanità potrebbe evolvere verso uno stato telepatico, in cui gli individui entrino direttamente in connessione con i pensieri di coloro che sono dotati del chip. Questo aprirebbe la possibilità di leggere le intenzioni altrui e di comunicare attraverso una nuova modalità. Tuttavia, sorgerebbe la questione di mantenere la spontaneità, poiché potremmo essere costretti a bilanciare la manifestazione aperta dei nostri pensieri con un controllo più attento di ciò che rimane nell’ombra della nostra mente. Tale scenario potrebbe trasformare il nostro paesaggio interiore in un palcoscenico silenzioso, come descritto dal sociologo E. Goffman, dove si svolgono esibizioni tacite.
Un futuro quello dell’umanità fatto di cervelli macchinosi o di macchine cervellotiche? Verso l’empatia o la telepatia?
Vanessa Lupi
