LA SALUTE ALL’INTERNO DELLO SCHERMO: APP E SOCIAL NETWORKS 

Tematica vasta, ampiamente discussa e più che trattata negli ultimi anni è quella della salute. Salute intesa in tutte le sue accezioni, come ricorda l’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità, la quale sostiene che essa sia “A state of complete physical, mental and social well-being and not merely the absence of disease or infirmity”. Non si parla solo dell’assenza di malattie, bensì di ogni aspetto che permette all’individuo di sentirsi bene, attivo, apprezzato e, soprattutto, vivo. Sono innumerevoli le applicazioni che si occupano di monitorare la salute dell’individuo, app in grado di raccogliere i dati personali traendone poi delle conclusioni. Innegabile è anche la diffusione incontrollabile sui social networks di video, reels e post riguardanti abitudini alimentari, diete e allenamenti da imitare. Se, però, questa circolazione di informazioni, consigli e notizie faccia bene alla nostra salute è una questione ancora aperta. 

Quante volte capita di accendere il telefono, aprire un social che sia Instagram, TikTok o qualunque altro, e di imbattersi in influencer, presunti medici, personal trainers o possibili esperti che esprimono opinioni su ciò che si dovrebbe o non dovrebbe fare con il proprio corpo? Quante volte queste parole hanno influito sulle azioni? Quante volte è capitato di iniziare una dieta o di comprare certi prodotti solamente perchè la cotal influencer sponsorizza quei determinati marchi? Possono sembrare tematiche banali, ma con il passare del tempo queste cominciano a occupare una posizione rilevante nelle scelte dei singoli individui. Si inizia con il trascorrere un tot di minuti davanti a uno di questi post o video, poi subito dopo ne appaiono altri di argomento simile, poi compaiono le pubblicità che promuovono tutto ciò che è annesso e complementare a ciò che si è appena letto e/o ascoltato, finchè poi, quando si riapre il social dopo averlo chiuso precedentemente, si ritrovano davanti agli occhi altri contenuti simili. Questo è ciò che si chiama “algoritmo” ed è ciò che può essere tanto vantaggioso quanto rovinoso. Guardando, per esempio, a Instagram, esso funziona in maniera particolarmente metodica: monitora le azioni svolte dall’utente, le pesa rispetto alle altre e compie delle predizioni, basate soprattutto sui comportamenti pregressi svolti sulla piattaforma. Il problema sorge quando questi comportamenti non portano più l’individuo a sentirsi bene, bensì hanno conseguenze nocive sia dal punto di vista fisico che mentale. Specialmente negli ultimi anni, i social networks stanno diventando piattaforme in cui libertà di espressione, svago e condivisione di esperienze si stanno tramutando in espressione di odio, invidia, falsità e manipolazione. É indubbio che lanciare messaggi sulla cura della propria persona tramite lo sport e altre attività oppure sull’importanza dell’alimentazione siano di fondamentale importanza, ma la domanda a cui rispondere è: “Quando si supera la linea di confine? Chi può impedire che si verifichino situazioni spiacevoli?”. La distinzione tra realtà e finzione, tra vita vera e virtuale, la possibilità di confrontarsi con chi ha davvero a cuore la salute delle persone, questo si dovrebbe promuovere. 

Vero è che, nel corso del tempo, il settore della sanità ha deciso di avvalersi delle piattaforme (si parla infatti di piattaformizzazione) per occuparsi della salute delle persone nel modo più efficace possibile. Dagli studi di Van Dijck, Poell e de Waal, infatti, si nota che esse sono in grado di: “offrire servizi personalizzati data-driven ai loro clienti” e di apportare “un contributo al più generale interesse pubblico nella ricerca medica, dei cui risultati possono beneficiare tutti i cittadini”. La ricerca si sviluppa proprio a partire dalle app per il fitness, focalizzate sulle condizioni fisiche di una persona e sui risultati ottenuti, e dalle app mediche, predisposte al monitoraggio dei sintomi dei pazienti e all’aiuto nel gestire le loro patologie. A titolo esemplificativo vi è ResearchKit, lanciata da Apple nel 2014, una società che raccoglie direttamente i dati dagli iPhone così da condurre indagini utili alla ricerca medica per gli studi clinici. Le app da poter utilizzare sono innumerevoli, dal Concussion Tracker per chi ha appena subito un trauma cranico, al Mole Mapper che permette di fotografare i nevi così da controllarli e verificare possibili cambiamenti nel corso del tempo, a molte altre che coprono diversi ambiti della salute. 

Quello della salute appare essere un mondo totalmente discostato da quello digitale, due realtà tanto lontane quanto intersecabili in un unico punto: il bene dell’essere umano. Senza la ricerca, il monitoraggio, gli studi e il progresso tecnologico non sarebbe possibile trovare soluzioni ai problemi che gravitano sulla vita delle persone. Senza la conoscenza delle esperienze altrui non si avrebbe l’opportunità di migliorarsi e di riflettere su che cosa sia davvero giusto seguire per la propria salute. Questo punto di incontro che si è trovato deve essere salvaguardato e sfruttato sempre di più. 

Federica Vallazza