A Bobbio, comune della provincia di Piacenza, si tiene ogni anno una rassegna cinematografica. Si tratta di una manifestazione nata nel 1995 dall’idea di Marco Bellocchio che intende il cinema come laboratorio cinematografico.
Nel 2005 diventa un vero e proprio festival prendendo il nome di Bobbio film Festival, al quale si aggiunge la consegna del titolo Gobbo d’Oro per il film considerato il migliore. Il premio prende il nome dal famoso ponte medievale di Bobbio.
Il laboratorio cinematografico diventa nel corso del tempo la scuola Fare Cinema – corso di alta formazione in regia cinematografica. Si tratta di un momento formativo in cui gli studenti hanno la possibilità di apprendere le regole cinematografiche e le fasi creative di produzione dallo stesso Bellocchio; il prodotto finale è un cortometraggio.
Durante il Bobbio film, oltre alla partecipazione degli studenti, vengono mostrati alcuni film selezionati a cui fa seguito un dibattito con registri e attori.
Nel 2010 Marco Bellocchio, insieme al figlio Pier Giorgio Bellocchio e a Paola Pedrazzini, costituiscono l’Associazione Marco Bellocchio affiancando al corso di alta formazione cinematografica il Seminario residenziale di critica cinematografica e dei percorsi di stage con le scuole.
Il Festival è sostenuto dal Comune di Bobbio, dal Ministero dei Beni Culturali, dalla Regione Emilia-Romagna e soprattutto dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano.
Quest’anno il Festival si è svolto dal 28 luglio al 6 agosto. Paola Pedrazzini, direttrice di Fondazione Fare Cinema, ha dichiarato: «Dieci serate che raccolgono il meglio del cinema italiano d’autore, alternando grandi produzioni, come da tradizione, e film del cosiddetto cinema invisibile».
In una di queste sere è stato protagonista del Festival il film Rapito di Marco Bellocchio.
IL FILM RAPITO
Rapito è un’opera completa: storico, ben curato nella fotografia e nei dettagli della ricostruzione di un’epoca, il 1858, data in cui storicamente Edgardo Mortara viene “rapito” alla famiglia ebrea perché battezzato.
Secondo il dogma il bambino non può più appartenere alla comunità ebraica ma di diritto a quella cristiana. Di fatto Edgardo è sempre un bambino sottratto ai suoi fratelli, al padre Momolo e a sua madre che non si rassegna. Sarebbe stato restituito alla famiglia solo se questa fosse diventata cristiana.
Il dramma si configura tra la perdita del bambino e la rinuncia ad una fede che non può essere sradicata.
Sul tema dell’appartenenza ad una religione portata avanti con fede cieca, Bellocchio nell’intervista a seguito del film afferma che il suo intento non vuole mai essere di giudizio su quali delle due professioni, ebraica o cattolica, sia la migliore. Il regista, da non credente, sostiene che ogni persona che pratichi una religione ha il diritto di essere ascoltato e rispettato. Il dialogo è possibile se ci si basa sulla reciproca tolleranza.
L’occhio del regista, infatti, non ci dona mai una visione negativa nemmeno sui personaggi più estremi come il grande inquisitore Feletti, preso dal suo ruolo quasi come un nuovo Savonarola. Bellocchio racconta questo personaggio così, senza connotazioni negative, solo un uomo accecato dal suo fanatismo.
Il film si svolge con un gioco di sguardi tra i protagonisti, soprattutto quelli del piccolo Edgardo, grande attore, e della madre, feroce nel suo attaccamento al figlio e alla sua religione.
Bellocchio descrive nella sua conferenza stampa il suo rapporto con la religione, quella che lo ha segnato da bambino nelle ore del catechismo in cui «Dio essere perfettissimo creatore e signore del cielo e della terra» quasi lo ingabbiava in un dogma più grande di lui senza scampo. «Ho ritrovato nel piccolo Edgardo la stessa mia paura davanti ad un Cristo sofferente in croce che fa un po’ parte del nostro modo di intendere la religione».
Il suo riscatto avviene nella scena in cui, durante la notte, il bambino si alza e toglie i chiodi alla statua di Gesù crocefisso e questo scende dalla croce libero.
Anche quest’anno nel periodo del Festival, Bobbio si popola di centinaia di spettatori appassionati di cinema, di attori e registri di grande calibro. La cittadina diventa un polo di attrattiva turistica, non solo per i tesori di arte che già propone.
Giorgia Casarini
