TRA TREND SOCIAL E ARTE CONTEMPORANEA

Napoli, 1974. Nella Galleria Morra la performer Marina Abramović si offre al pubblico come opera d’arte per sei ore consecutive, immobile e impassibile. In un tavolo accanto a lei si trovano ben 72 oggetti: da una piuma sino ad una pistola. “Io sono l’oggetto” è quello che si legge come descrizione accanto alla donna stessa.

Mondo Social, 2023. In una live TikTok la creatrice di contenuti Fedha Sinon, in arte Pinkydoll, rilancia un trend – nato originariamente in Giappone – in cui simula di essere un NPC (Non-Playable Character). Due realtà che, pur nella loro diversità, ci restituiscono uno stesso sguardo critico sulla natura umana.

Rhythm 0 è il nome della performance messa in atto dall’artista serba e che negli anni ha creato non poco clamore mediatico. Ultimamente, anche all’interno dei contesti social, le sue opere vengono ricordate con tanta ammirazione per il coraggio e la fusione tangibile tra arte e contemporaneità. 

In cosa consisteva esattamente?

Durante la performance Rhythm 0 lo spettatore venne messo di fronte alla possibilità di fare ciò che più desiderava alla performer, senza alcuna conseguenza. Avete capito bene: per ben sei ore le persone avrebbero potuto scegliere di utilizzare sulla stessa uno o più degli oggetti messi a disposizione e lei non avrebbe mosso un dito per opporsi.

Nelle prime ore, in realtà, il pubblico era perlopiù titubante e si limitò a gesti dolci nei confronti della donna. Tuttavia, quando realizzarono di avere tra le mani un’occasione irripetibile di esercitare del potere senza alcuna ripercussione, la performance prese una piega decisamente macabra.

La nostra sensibilità è cambiata da allora?

Quasi cinquant’anni dopo, seppur in maniera differente, questo avvenimento ricorda ciò che è accaduto recentemente su TikTok. Tutti noi ricordiamo il periodo in cui è esploso il format delle live NPC, cui unico scopo era quello di poter “comandare” i creator – posti come oggetti – e fargli compiere delle azioni.

Tornando al caso Pinkydoll, gli spettatori, attraverso donazioni più o meno sostanziose, avevano la possibilità di interagire con la creator facendole pronunciare alcune frasi o compiere azioni che variavano a seconda del tipo di donazione.

Ma quindi, cosa hanno in comune questi due fenomeni?

Beh, innanzitutto vale forse la pena soffermarsi sulla seguente riflessione: come ci comportiamo di fronte alla possibilità di poter esercitare controllo sull’altro? Ma soprattutto, perché proviamo attrazione verso dinamiche in cui possiamo, anche solo per qualche secondo, comandare il comportamento altrui? Queste sono riflessioni affascinanti che hanno stimolato diversi filosofi circa la reale bontà dell’essere umano e se questa dipendesse o meno anche dalla società in cui vive.

Ad ogni azione, una sua conseguenza:

Marina Abramović dopo la performance dichiarò che al termine delle sei ore le persone non solo non riuscivano a guardarla negli occhi dopo averla umiliata (indice del fatto che una volta tornata “persona”, tutti si resero conto di ciò che avevano fatto), ma che lei stessa aveva avuto la l’angosciante sensazione che la performance sarebbe potuta finire in maniera decisamente diversa. Allo stesso modo, trend social apparentemente innocui in cui il creator si pone come oggetto di intrattenimento, rappresentano solo la punta dell’iceberg di tanti altri fenomeni sfociati in casi di cronaca nera in cui donazioni e scommesse da parte del pubblico hanno portato a gravi conseguenze e persino alla morte delle persone coinvolte.

Marta De Angelis