Si tratta di un film fotorealistico che quasi riproduce la realtà: il remake live action Il Re Leone ridefinisce i confini tra animazione e live action!
Dopo l’esperimento riuscito del 2016 con il remake live action Il libro della giungla, Jon Favreau e la Disney ci riprovano, alzando ulteriormente l’asticella. Il Re Leone, approdato nelle sale nel 2019, pone una tutt’altro che banale riflessione sul rapporto tra cinema e tecnologia, sviluppando qualche interrogativo su cosa definisca davvero un film in live action e dove invece finisca il cinema di animazione.
Fa strano pensare come un film che si presenta come adattamento fotorealistico di un film d’animazione (Re leone del 1994) non abbia neanche un fotogramma ripreso dal vivo. Ciascuna inquadratura del film di Favreau, infatti, è una combinazione avanzata di virtual production, realtà virtuale e motion capture. Regista e operatori hanno potuto esplorare il “set”, ricostruito all’interno di uno spazio virtuale tridimensionale, attraverso dei visori VR (usando la realtà aumentata). Favreau ha così scelto le inquadrature e i diversi punti macchina all’interno di una realtà completamente digitale.
Va da sé che il ruolo della tecnologia, in un’opera di questo tipo, supera il mero supporto al racconto ma diventa l’ambiente costitutivo all’interno del quale la storia si forma e si sviluppa. E così, nell’universo de Il Re leone tutto diventa iperrealistico e aderente alla realtà senza averne, però, l’essenza. Sembra di essere lì anche se non lo siamo veramente.
Ma il tratto peculiare più interessante di questa operazione, decisamente innovativa, porta con sé anche le maggiori criticità riscontrate da critica e pubblico. Ciò che manca maggiormente al film di Favreau sono le emozioni espresse sui volti degli animali. Per mantenere la coerenza con il realismo visivo, infatti, Il Re Leone si serve di una tecnologia straordinariamente realistica ma che, per forza di cose, appiattisce la carica espressiva ed emotiva contenuta nel film di animazione del ‘94.
Nonostante i riscontri altalenanti ricevuti da pubblico e stampa, bisogna sottolineare come questo film sia un vero e proprio esperimento industriale che dimostra come la tecnologia possa ridefinire le categorie e i canoni con cui pensiamo al cinema. Per la prima volta nella storia ci troviamo di fronte ad un film definito fotorealistico in cui, però, nulla è davvero reale.
Giorgio Maria Amadori
