DIPENDENZA DA SOCIAL NEGLI ADOLESCENTI: I LATI OSCURI DELLA COMUNICAZIONE DIGITALE

Viviamo in un’era in cui la tecnologia e i social media sono diventati parte integrante della quotidianità. Questa possibilità di rimanere sempre connessi e aggiornati in tempo reale ha fatto avvicinare a questa novità i giovani. 

Diamo, però, uno sguardo alla storia: i social media, circa una ventina d’anni fa, si chiamavano social network e connettevano le persone in ogni angolo del mondo

In seguito, con l’introduzione di nuove piattaforme (oltre a Facebook) ad esempio Instagram– ma soprattutto TikTok– è stato possibile condividere nuovi contenuti mediali provenienti dalla quotidianità (e non solo). TikTok, invece, ha fatto il suo esordio nel 2020 con l’obiettivo di intrattenere. 

Una definizione di dipendenza da social media è stata fornita da due studiosi, Andreassen e Pallesen: “Essere eccessivamente preoccupato dai social network, essere spinto da una forte motivazione a connetterti o a utilizzare i social network e devolvere loro così tanto tempo e sforzo da compromettere altre attività sociali, di studio, lavorative, relazioni interpersonali e/o la salute psicologica e il benessere”. Già da questa definizione si comprende come in realtà tale fenomeno non sia solo un fenomeno a sé, ma coinvolga molteplici aspetti. 

L’obiettivo di questo articolo è esplorare gli effetti dei social media sui giovani, analizzando come questi influenzino la loro salute mentale e modifichino la loro vita quotidiana.

Secondo l’ANSA, 4 adolescenti su 5 utilizzano quotidianamente i social media, mentre 1 su 10 è soggetto al rischio di svilupparne un uso problematico. Negli adolescenti l’uso improprio dei social può manifestarsi in svariate modalità: innanzitutto, vi è il desiderio costante di rimanere in contatto con gli amici, la ricerca di approvazione sociale e la sensazione di euforia, che si prova, quando si riceve un like o un commento. A tal proposito, i govani tendono a costruire sui social una nuova identità, che talvolta potrebbe non rispecchiare la loro vita reale. 

Spesso essi utilizzano anche filtri di bellezza (soprattutto nelle Instagram Stories), il che potrebbe influire sulla percezione che hanno di sé stessi. Costruiscono, cioè, un’immagine di sé strettamente legata ai social, e, nel peggiore dei casi, cercano di trasferirla nella vita quotidiana (o addirittura annullando quella reale).

A tal proposito, si potrebbe pensare come anche il Coronavirus abbia spinto maggiormente alla diffusione di questo fenomeno: l’essere costantemente rinchiusi tra le mura di casa ha incentivato soprattutto i giovani a isolarsi in spazi virtuali “sereni”. I più giovani lo hanno vissuto come momento di evasione, da vivere per sé. Lo smart-working e la DAD hanno contribuito a far capire ai più giovani come Internet sia una vera e propria infrastruttura per qualunque attività si desideri intrapprendere. 

Non si può negare che la vulnerabilità alla dipendenza da Internet sia particolarmente diffusa durante il periodo adolescenziale. Gli adolescenti di oggi godono di orari più flessibili, mentre, rispetto al passato, i genitori fanno uso costante dei social media. Le dipendenze vere e proprie sono più comuni in individui già fragili emotivamente, e in questi casi Internet diventa un tentativo di compensare le difficoltà relazionali reali o di evadere dalle difficoltà e dalla sofferenza emotiva.

Durante il periodo del Covid sono stati condotti studi in cui è stato somministrato un questionario avente oggetto la Dipendenza da Internet ed è emerso come il nevroticismo, l’impulsività, la depressione e l’ansia siano associati all’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale e come l’autostima, il sostegno sociale, affettivo e la funzione familiare siano negativamente correlati ad essa.

La dipendenza dai social media ha impatti significativi sulla salute mentale: anche un semplice scrolling della propria Home può avere effetti sul benessere psicologico. Il meccanismo dello scrolling si basa sul rilascio di dopamina, che crea dipendenza attraverso gratificazioni imprevedibili come sono i like e i commenti. Per mitigare questi effetti negativi, si possono impiegare abitudini di controllo, bilanciando le interazioni online e offline e selezionando attentamente i contenuti da seguire. 

La soluzione per ovviare a questo fenomeno e non incorrere nella dipendenza esiste: le istituzioni sono già intervenute, per esempio, limitando l’utilizzo degli smartphone in aula (in alcuni istituti è severamente vietato) e le famiglie, soprattutto per i minori, possono stabilire limiti sul tempo di utilizzo quotidiano.

Anche gli influencer, per non incappare in questo malessere, avvisano la loro community del loro social detox, ossia una giornata in cui si astengono dall’uso di smartphone e di social media. Si tratta di un’abitudine sana che dovrebbe essere tenuta in considerazione soprattutto dai più giovani. Ovviamente, in tale contesto i genitori devono fare la loro parte, sostituendo i social media con attività all’aperto che possano “distrarre” l’adolescente.

Michela Lizio