Nell’era digitale emergono due forze trainanti per una democrazia autentica, che promuovono il libero accesso alla conoscenza e alla collaborazione globale: la cultura hacker e l’open source.
I sistemi hardware e software dal punto di vista strutturale rispecchiano le capacità e le intenzioni umane e ne sono il prodotto, poiché in essi si riflettono i meccanismi economici e politici presenti nella società odierna. Allo stesso tempo, grazie alla loro struttura e logica, essi sono in grado di plasmare il contesto sociale in cui viviamo, a partire proprio dalla struttura del nostro pensiero.
In un mondo digitale dove prevale il sistema binario come fonte di codifica e decodifica della realtà, formato da infinite possibili combinazioni di 0 e 1, un hacker è colui che ne riesce a dare un’interpretazione sì matematica e logica, ma al contempo più liberatoria e democratica, diversa da l’attitudine ad infrangere le regole. Gli hacker, infatti, seguono un’etica ben definita, che include il libero e gratuito accesso alle informazioni da parte di tutti e il rispetto per la conoscenza condivisa. La cultura hacker bene si fonde con la logica dell’open source, intesa come il fondamento democratico, che potrebbe avvolgere il futuro del nostro interagire con le macchine.
La cultura hacker non va intesa nel senso comune di “pirateria informatica”, ma come un approccio creativo e aperto alla tecnologia. Nell’immaginario comune un hacker viene interpretato come una minaccia per la sicurezza dei dispositivi, in quanto è un individuo associato a particolari conoscenze e abilità informatiche, che gli permettono di infrangere i sistemi. Questa qualifica, in realtà, va interpretata partendo da un approccio proattivo alla risoluzione dei problemi in chiave creativa. Gli hacker sono coloro che sfidano le convenzioni, esplorano i confini del possibile e trovano soluzioni ingegnose. Il termine “hacker”, infatti, era nato per descrivere coloro che erano capaci di perfezionare i sistemi tecnologici.
Tuttavia, va specificato che esiste una vera e propria forma culturale e tutti coloro che vi aderiscono, condividono la stessa visione del mondo. La filosofia hacker abbraccia l’apprendimento continuo, la curiosità e il desiderio di condividere le conoscenze. Dal punto di vista sociologico gli hacker sono raggruppabili in segmenti denominati anche “sottoculture”. In un contesto digitale, essi lavorano spesso al di fuori delle strutture tradizionali, collaborando in modo informale per risolvere problemi complessi. Questa mentalità ha dato vita a molte innovazioni, dalla nascita dell’informatica personale alla creazione di Internet.
Libertà e gratuità in quanto principi di questa etica, si sposano con l’open source, intesa come spirito di condivisione, di collaborazione e di partecipazione tra utenti.
L’open source, o software libero, prevede l’accesso non vincolato al codice sorgente di un software da parte di chiunque, permettendo a tutti di studiarlo, modificarlo e condividerlo. Questo approccio favorisce la trasparenza, l’innovazione e la collaborazione diffusa. I progetti open source come Linux e Mozilla sono diventati fondamentali nell’infrastruttura digitale globale. La comunità open source dimostra che la collaborazione aperta può superare le barriere geografiche e rendere possibile lo sviluppo di software sofisticati e affidabili.
La democrazia digitale è un concetto che sottolinea l’importanza di garantire che il potere non sia concentrato in poche mani. Attraverso la condivisione del sapere, l’accessibilità ai mezzi digitali, la condivisione e la cooperazione si promuove l’uguaglianza di opportunità, l’empowerment individuale e l’agency degli utenti come diritto fondamentale per tutti.
Vanessa Lupi
