UN COLOSSO MEDIALE: L’ANIME DELL’ATTACCO DEI GIGANTI.

In un mondo simil medievale, infestato da giganti mangiauomini, l’umanità si rinchiude dentro una cinta di mura per sopravvivere. Solo il corpo di ricerca, composto da militari in grado di uccidere questi mostri, lotta per la libertà.

Questa è la premessa dell’anime, basata sul manga di Hajime Isayama: Shingeki no kyojin. La prima stagione di AOT uscì in Italia nel 2013, quattro anni dopo arrivò la seconda stagione. Nonostante la lunga attesa, l’opera ha conquistato sempre più pubblico fino alla sua conclusione, il 4 novembre 2023. Ragioniamo allora sul successo di questo colosso mediale.

(Recensione no spoiler)

L’high concept iniziale è relativamente semplice ma quello che sembra essere il solito prodotto distopico si rivela un macabro susseguirsi di plot twist inaspettati. Questi ultimi, insieme al tono drammatico, portano lo spettatore in uno stato di disagio perenne. Nella storia, la dicotomia tra bene e male non è netta ma labile. Si potrebbe pensare che gli uomini siano il bene e i giganti il nemico, invece i due aspetti metafisici non sono incarnati da un personaggio o un mostro, né dai loro pensieri e comportamenti. Episodio dopo episodio lo spettatore inizia a patteggiare per personaggi che poco prima avrebbe desiderato morti, a giustificare azioni immorali e a negare di esser stato dalla parte del torto (almeno in alcune delle sue convinzioni). Le scene in cui si vedono le persone divorate dai giganti sono macabre e rendono la storia ancora più sconcertante. Il realismo invade anche la catasta di morti che si susseguono di stagione in stagione, nessun personaggio è mai davvero salvo e intoccabile, come accade nelle guerre vere.

Inoltre, la rappresentazione dei personaggi femminili e maschili non è mai stereotipata. L’estetica e la fisicità dei corpi è realistica, come nel caso dei nasi dei personaggi, soprattutto quelli femminili. Uomini e donne indossano la stessa divisa militare. I corpi sono coperti in maniera funzionale e ciò risulta coerente con il contesto di guerra. Caratteristiche psicologiche e fisiche, considerate dalla società maschili o femminili, qui non hanno genere. Il protagonista maschile, pur avendo un potere soprannaturale, resta più debole in battaglia rispetto alla protagonista e piange svariate volte (momento che di solito viene imposto alle figure femminili). Le sorti finali dipendono dalle azioni compiute dalla controparte femminile.

La seconda argomentazione riguarda la recente valutazione degli anime come prodotti mainstream rispetto ai primi anni 2000. Ovviamente la community anime occidentale era già presente molto prima con: blog, gruppi Facebook, circoli, fumetterie di quartiere, eventi a tema ma non ha mai raggiunto il livello di partecipazione attuale (ad oggi i manga vendono più dei comics Marvel e alcune serie anime surclassano gli ascolti di serie tv americane). Quali sono stati i cambiamenti?

Un primo effetto è stato il seguente: i manga hanno conquistato le catene librarie. Prima del 2020 gli scaffali predisposti alla vendita dei manga erano infinitamente più piccoli se non inesistenti, ad oggi la sezione manga è ampia tanto quanto quella dei fantasy per ragazzi. Similmente, gli anime sono stati aggiunti alle piattaforme streaming e diverse realtà si contendono i diritti, come successe anche con l’ultima stagione di AOT. L’attenzione è tale che, se precedentemente Netflix inseriva gli anime in una categoria predisposta come se fossero un genere (non lo sono), ultimamente li sta catalogando in base al vero genere di riferimento (azione, giallo, distopico, romantico, horror ecc..) oppure al pubblico target (bambini, adolescenti, adulti).

Ora, i fan storici di questi capolavori possono dire ai precedenti scettici: “Te l’avevo detto” oppure “Mamma anche Lady Oscar che guardavi da piccola, è un anime come L’Attacco dei giganti”.

Alessandra Belli