PIF-NEWCASTLE: L’ACQUISTO S’HA DA FARE?

Tutti gli appassionati di calcio sanno quanti imprenditori mediorientali abbiano operato investimenti per l’acquisizione di club negli ultimi 10 anni: un modello che non si è ancora arrestato nel 2020.

Circa un anno fa hanno iniziato a trapelare le prime voci su un interessamento del PIF, il fondo di investimenti pubblici dell’Arabia Saudita, per l’acquisizione del Newcastle United, società calcistica inglese. L’affare nei mesi successivi è diventato più concreto che mai, tanto che ad aprile l’accordo era stato raggiunto e mancava solamente l’approvazione della English Premier League (EPL), l’ente gestore del massimo campionato inglese. Il governatore del fondo di investimenti, Yasir bin Othman Al-Rumayyan, avrebbe quindi dovuto diventare il nuovo presidente del club ottenendo l’80% delle quote, il restante 20% sarebbe stato diviso tra Amanda Staveley e i fratelli David e Simon Reuben, la prima intermediaria dell’affare e i secondi due abbienti filantropi britannici. Tutto però è stato interrotto la scorsa estate in quanto la EPL ha riscontrato delle ingerenze del governo Saudita nel fondo pubblico, cosa proibita dal regolamento dell’ente inglese. 

La situazione ora è più complicata che mai: i tifosi del Newcastle sono da anni in protesta contro il proprio presidente Mike Ashley a causa della sua politica economica troppo austera e avrebbero accolto molto volentieri l’avvento di un fondo dal patrimonio di 328 miliardi di sterline. Il club ha deciso nelle scorse settimane di fare causa alla EPL, sostenendo di aver presentato prove schiaccianti sul fatto che il PIF sia totalmente indipendente dalla monarchia Saudita.

In attesa di capire se il ricorso sarà accettato o meno si può supporre che ci siano stati ulteriori motivi che hanno spinto la English Premier League ad opporsi all’acquisto. Per prima cosa Amnesty International già in primavera aveva sottolineato quanto fosse critica la situazione del rispetto dei diritti umani in Arabia Saudita, esortando la EPL a negare l’acquisizione per evitare di mandare un messaggio sbagliato a livello etico e non solo.

C’è però una questione ancora più spinosa ovvero la rivalità tra la monarchia Saudita e quella del Qatar: infatti entrambi gli stati negli ultimi anni hanno operato, direttamente e indirettamente, numerosi investimenti in Occidente per diversificare la propria economia, prima basata esclusivamente sulla produzione di petrolio.

Il presidente del Paris Saint Germain, abbiente club calcistico francese, è governatore della Qatar Sport Investment, equivalente del PIF Saudita. Il citato fondo di investimento qatariota controlla beIN Sports, network globale di canali sportivi che detiene la maggior parte dei diritti TV della Premier League. Questo spiega perché la EPL abbia tutto l’interesse a porre il veto sull’affare PIF-Newcastle, dato che in caso contrario rischierebbe di avere contrasti con uno dei suoi finanziatori maggiori. Nel calcio infatti la maggior parte dei fondi arrivano dai media che pagano i diritti. Come se questo non bastasse, ad inasprire i rapporti tra Qatar e Arabia Saudita c’è anche il fatto che quest’ultima sia spesso coinvolta nel business della pirateria sportiva, che danneggia fortemente i ricavi delle TV a pagamento come beIN Sports.

Tutti i legami illustrati ci mostrano i dettagli di una situazione molto intricata, la quale probabilmente vedrà il fallimento dell’affare PIF-Newcastle. Ma sicuramente questo non basterà a frenare gli investimenti sauditi in Europa, anzi il fondo di investimento pubblico arabo sta già impegnando ingenti somme nel digital, nei trasporti e non solo, in tutto ciò prima o poi sarà coinvolto anche lo sport.

Francesco Cocco